I MILLE PERCHÉ - CULTURA E CIVILTÀ - LA SOCIETA' E LE SUE ISTITUZIONI

PERCHÉ CI SONO LE NAZIONI?

Gli uomini che popolano la Terra presentano tra loro differenze notevoli, come abbiamo visto in un precedente fascicolo. Hanno la pelle di colore diverso, parlano e scrivono in modo diverso, hanno caratteristiche somatiche, statura, colore dei capelli e degli occhi tipici a seconda della razza cui appartengono e, in rapporto all'origine ed alla storia di ogni gruppo etnico, presentano abitudini, usi e costumi particolari. Il mondo, l'insieme di terre emerse in cui gli uomini abitano, è così diviso in tante più o meno piccole porzioni, in tanti Stati che contengono generalmente una popolazione, un gruppo etnico o una razza che entro precisi limiti (confini), realizzano la propria storia ed esercitano tramite determinate istituzioni politiche, la propria sovranità sul territorio che loro appartiene. Dunque, il complesso delle persone che hanno comunanza di origine, di lingua, di storia e che ne hanno coscienza, si chiama nazione.
Ciò è valido anche se la nazione non ha una sua realizzazione politica, anche se non è uno Stato vero e proprio.
Gli avvenimenti della storia possono determinare un temporaneo smembramento dell'unità nazionale di un popolo. Questo troverà il modo di realizzare, l'unità di cui è stato privato.
Molto importanti in ogni nazione, sono i confini, i limiti entro cui un certo popolo può considerarsi sovrano, oltre i quali la sua sovranità cessa.
Queste delimitazioni territoriali, fissate dalla tradizione e dalla storia, sono costituite spesso da confini naturali, come montagne, mari o fiumi.
Sia questi che i confini più difficilmente individuabili sono stati motivo di guerre tra nazioni confinanti per il desiderio di ulteriori arricchimenti territoriali. Spesso infatti non è facile stabilire a chi appartengano certe zone che la storia vede ora in possesso dell'uno ora dell'altro Stato. Benché l'idea nazionalistica sia sempre stata presente nella mente degli uomini, anche se in passato in modo confuso e spesso teorico, solo nel secolo scorso si è rivelata in tutta la sua potenza ed ha fatto esplodere il desiderio, nei popoli che non avevano un'unità nazionale, di veder realizzate la propria unità e la propria autonomia.
Sebbene la maggior parte degli uomini si muova oggi entro i confini di una «patria», purtroppo le lotte tra Stato e Stato non sono finite.
Se non possono più essere considerati legittimi certi desideri di espansionismo territoriale poiché ormai determinati organi internazionali hanno fatto in modo di porre un controllo e di stabilire in modo il più possibile definitivo i confini di ogni Stato, altri motivi di espansionismo ideologico, politico ed economico, minano la pace che dovrebbe regnare tra le nazioni.
La guerra è dunque il duro prezzo da pagare al progresso, il frutto venefico dell'egoismo di ogni nazione il cui popolo sia tradizionalmente portato a considerarsi come una entità singola e non come facente parte di una nazione immensamente più grande: il mondo, l'umanità intera.
È auspicabile, perciò, che l'idea di nazione sia affatto temporanea e passeggera e che a tanti Stati chiusi entro confini ben difesi, gelosi delle proprie prerogative, delle proprie conquiste, delle proprie ricchezze soprattutto, faccia riscontro in futuro una libera umanità in un libero mondo.

PERCHÉ CI SONO GLI ESERCITI?

L'esercito è il complesso delle forze armate di uno Stato, addestrate ed organizzate per assicurare la difesa del Paese e dei suoi interessi. La umanità, dopo aver superato la primitiva condizione selvaggia che la vedeva come un insieme di popoli o di tribù in armi per cacciare o per predare, vede apparire degli eserciti veri e propri, organizzati per compiere una funzione ben precisa: quella di difendere le antiche monarchie assolute.
I primi grandi creatori di eserciti furono gli Assiri, popolo assai bellicoso, che istituirono per primi il servizio militare obbligatorio.
I Persiani succedettero loro e raggiunsero un alto livello di perfezione negli armamenti, nella tattica e nella strategia.
Da allora è tutto un susseguirsi di eserciti sempre meglio organizzati, prima i Greci, quindi Filippo il Macedone ed Alessandro che spinse le sue conquiste fino ai limiti del mondo allora conosciuto. Poi Roma il cui lungo predominio in Europa poggiò sull'addestramento e la fedeltà delle legioni. Come venne meno questa fedeltà, la sua potenza scemò e il suo grandioso impero finì per crollare: le legioni lasciarono il posto a nuovi eserciti, giovani e terribili, quelli dei barbari. E su su fino ai nostri giorni l'umanità è passata tra mille guerre e i secoli hanno risuonato ininterrottamente dello scontro delle armi.
Fin dai tempi più antichi gli eserciti sono stati al servizio del potere, lo hanno difeso contro gli attacchi interni ed esterni. Abbastanza spesso è accaduto che hanno obbedito solo ai loro generali... e questi hanno conquistato il potere. Ai giorni nostri gli eserciti sono ancora importanti, come in passato, per assicurare la difesa del territorio nazionale e per garantire l'ordine interno e sono ancora legati naturalmente ed istituzionalmente al potere.
Rispetto agli eserciti del passato hanno perduto la loro importanza come entità numerica: la qualità degli armamenti ne ha condizionato l'efficienza. Ai mezzi di guerra, nella cui fabbricazione gli uomini hanno purtroppo profuso a piene mani, da sempre, la loro ingegnosità, la tecnica moderna ha concesso proprietà straordinariamente efficaci e micidiali.
Oggi il guerriero più che essere un atleta dalla forza erculea capace di roteare uno spadone e di sorreggere un'armatura ed uno scudo, deve piuttosto essere un tecnico esperto, capace di manovrare ordigni dal funzionamento elettronico, mentre alle catapulte, agli arieti ed ai cavalli si contrappongono carri armati, missili, aerei supersonici... e bombe atomiche!

PERCHÉ C'È LA DOGANA?

Ogni Stato possiede i suoi confini, precise barriere entro cui esercitare la propria sovranità. I confini sono fortificati e militarmente difesi, in caso di attacco da parte degli altri Stati. In tempo di pace, oltre alla sorveglianza militare, vi è un altro tipo di difesa, teso ad arginare l'attacco degli Stati stranieri non sul piano militare ma su quello economico: la dogana.
Gli uffici della dogana, posti sui valichi di confine, nei porti e negli aeroporti, vigilano e controllano merci e persone che entrano o escono dal paese.
Per quanto riguarda le persone si cerca di vietare l'ingresso a individui sprovvisti di opportuni mezzi di sostentamento.
Più accurato è invece il controllo delle merci in transito per evitare danni economici sia al Paese d'entrata che a quello d'uscita.
Ogni prodotto in un determinato Stato ha il suo prezzo corrente di mercato: può accadere che lo stesso prodotto, in un Paese straniero, abbia un prezzo notevolmente inferiore. Se potesse entrare impunemente, il prodotto nazionale non potrebbe essere venduto, con grandissimo danno dei produttori locali. Ed ecco che la dogana interviene applicando, oltre a una tassa fiscale, un dazio doganale che rende il prezzo di quel prodotto pari o addirittura superiore al prezzo del prodotto nazionale Questa operazione salvaguarda così il regolare sviluppo economico del commercio interno. La dogana esisteva già nel Medioevo ed era assai diffusa, addirittura tra le regioni di uno stesso Paese. Con l'andar del tempo si cercò di eliminare le varie «gabelle» per favorire gli scambi commerciali tra i vari Paesi.

PERCHÉ CI SONO I SOLDI?

Prima che gli uomini scoprissero il denaro, la unica forma di scambio possibile era il baratto. Se un cacciatore desidera acquistare delle armi, si reca dall'artigiano che le fabbrica offrendogli in cambio di ciò che gli occorre, pelli e selvaggina. Se un contadino ha bisogno di scarpe va dal calzolaio e le acquista pagando con una certa quantità di prodotti della terra.
Ad un tratto sorge l'esigenza di trovare un bene che, per certi suoi requisiti, sia da tutti riconosciuto come l'unico intermediario di tutti gli scambi. Nasce così la moneta.
Ad ogni prodotto viene dato un valore in denaro e il baratto si trasforma in ciò che comunemente si chiama «compravendita».
L'oro e l'argento, fin dai tempi più antichi, hanno presentato valide caratteristiche per fungere da moneta.
Quali requisiti, infatti, deve avere la moneta? Deve poter avere molto valore in poco peso e, perciò, il materiale di cui è composta dev'essere abbastanza raro da essere sufficientemente prezioso; deve restare integro e non perdere, nel tempo, le sue preziose proprietà e il peso; dev'essere, inoltre, tanto omogeneo da poter essere diviso in frammenti senza che uno di questi superi in valore un altro di pari peso; e deve possedere la proprietà, infine, d'essere facilmente riconoscibile per poter evitare ogni tipo di frode.
L'oro e l'argento, dunque, hanno rappresentato e rappresentano tutt'oggi il bene di scambio per eccellenza. Ma se una volta le monete che gli uomini usavano nei loro scambi commerciali erano veramente d'oro e d'argento, oggi hanno preferito accumulare questi metalli preziosi in luoghi sicuri e si sono accordati nel far circolare monete di carta dal valore corrispondente:
Ogni nazione, perciò, in base alle proprie riserve auree, emette una propria particolare cartamoneta, la quale ha un potere d'acquisto uguale al suo corrispettivo in oro.
Questo potere d'acquisto scema non appena la quantità di cartamoneta messa in circolazione supera in valore la riserva aurea.
In questi casi, determinati da vari e complessi motivi di natura politica e finanziaria, la svalutazione può assumere forme assai gravi e diventare vera e propria «inflazione»: allora la moneta scende vertiginosamente di valore fino ad annullarsi, mentre i prezzi raggiungono vette astronomiche. Gli uomini, allora, ritornano alle origini, all'antico baratto finché la moneta non riacquista stabilità e valore.